Il tema è così vasto che si presta ad essere affrontato da più punti di vista e il rischio è di risultare ripetitivi e poco efficaci, di essere una voce fra tante.
Il refrain è sempre lo stesso: la digitalizzazione è un fenomeno imprescindibile, i processi sono stati avviati e non si torna indietro, nemmeno i nostalgici dell’analogico si oppongono all’onda.
Come un fenomeno migratorio incontra ostacoli, trova oppositori, provoca cambiamenti, a volte si abbatte come un tornado, altre volte si insinua lentamente e ci permette di conoscerlo, accettarlo e sfruttarlo a nostro vantaggio.
La recente pandemia ha spazzato le ultime frange di resistenza: tutti hanno dovuto organizzarsi con il digitale, non c’erano alternative. Insomma, una strada a senso unico.
Ma non ci siamo forse fatti prendere un po’ la mano? Perchè “digitale” non significa per tutti la stessa cosa, non può essere standardizzato e, soprattutto, deve essere utile, vantaggioso e facilitare la crescita e lo sviluppo.
Un esempio su tutti: l’e-commerce. Negozi chiusi, comuni isolati, blocco delle auto, tutti a casa e anche il pescivendolo si è fatto un proprio e-commerce e ha aperto tutti i social che gli venivano in mente, contando di sostituire in un batter d'occhio il punto vendita fisico con la vetrina online. Ma qual'è la scelta digital più giusta? Magari il pescivendolo si è affidato ad un amico “che è bravissimo con il computer e sa fare tutto”. Molto probabilmente, senza alcuna strategia, si sono attivati canali social differenti, si è adottato un sistema ecommerce, si sono buttati dentro prodotti e foto senza preoccuparsi della qualità dei contenuti, naturalmente si sono scansate tutte le forme di promozione a pagamento: d'altre parte è un salto nel buio, non vorremo mica spenderci anche dei soldi!
L’approccio alle tecnologie digitali è spesso un “fai-da-te” inopportuno: l’accesso è relativamente facile, l’uso appropriato degli strumenti e la strategia adottata per avere risultati concreti molto meno. Il risultato è scontato: nessuno mi chiama, non ricevo ordini e quelli che arrivano non sono facili da gestire (come la mettiamo con la gestione dei tempi e costi di consegna, dei resi, i pagamenti automatizzati, l'emissione dei documenti fiscali?).
Ma il digitale non è solo vendita online, è soprattutto automatizzazione dei processi, comprese nuove modalità di lavoro, ad esempio lo smart working.
Fino a ieri solo poche aziende strutturate hanno preso in considerazione questa modalità, tutt’altro che semplice da organizzare.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali definisce il lavoro agile come “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro”. A parte gli aspetti normativi regolati in Italia dalla legge 81/2017, tale tipologia prevede l’organizzazione di un metodo di lavoro stabilito dall’azienda e reso possibile da adeguati strumenti che ne consentano la gestione da remoto. Deve quindi essere regolamentato, organizzato dall’azienda, percepito dal personale in maniera corretta affinchè sia efficace e sotto controllo.
Il digitale per la semplificazione non è poi così semplice; ancora una volta, l’approccio non può essere superficiale ma deve essere accompagnato da formazione, professionalità e competenza.
Senza nulla togliere alla buona volontà di parenti e amici.
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